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Immagine del redattoreSalvo Puccio

Le foto "di posa" sono il male?

Reportage o posa: esiste veramente una differenza sostanziale?




Nel corso della mia esperienza lavorativa, mi riferisco in particolare alla fotografia matrimoniale (o “wedding”, come piace definirla a tanti), sono due le certezze che ho acquisito negli anni.

Che alla futura coppia interessa per primo, ovviamente, il prezzo di quanto costerà il servizio fotografico per quello che – si spera – sarà il giorno più bello della loro vita e… che non vogliono essere costretti a essere messi “in posa” durante il matrimonio.


“No, per favore, odiamo metterci in posa, non ci ritroviamo!!!” (segue risatina di disprezzo per chi invece lo fa)

“Preferiremmo solo foto spontanee…”

“Non vogliamo perdere tutta la giornata facendo come dei pupazzi, che vengono sistemati qui e lì!”


Questi sono solo alcuni dei commenti delle future coppie, ma potremmo continuare per un’altra mezz’ora buona. Nessuno vuole mettersi in posa, nessuno.


Naturalmente il fotografo cerca, quasi sempre, di venire incontro alle esigenze – ma soprattutto ai desideri – degli sposi, anche se, in cuor suo, sa già che alcune di queste richieste non hanno affatto delle solide basi.


Cerchiamo di capire meglio.


Immaginiamo una squadra fotografica (uno o più fotografi, uno o più videomaker, un assistente etc…) che si presenta di capo mattina a casa dello sposo, saluta i presenti (famiglia dello sposo, testimoni, amici, etc..) e poi… si piazza in casa fotografando e riprendendo quel che succede… senza nessuna regia dietro.

Perché, insomma, non vuoi essere messo in posa, ossia vuoi che tutto si svolga spontaneamente, giusto?


Quindi, NOI, si sta zitti!


Quel che succede, riprendiamo/fotografiamo. Come se fossimo al Grande Fratello: voi fate quel che volete, noi facciamo “i guardoni”.

Ti immagini il risultato, no?


Gente che, letteralmente, non sa cosa fare, perché è normale che non lo sappia. E, ovviamente, in totale imbarazzo, sapendo che ogni loro movimento viene ripreso da persone che sino a dieci minuti prima non aveva mai visto in vita sua.


Se non ti sei già sposato una volta, come puoi sapere cosa devi fare… con una casa piena di persone? Ok, magari sei stato invitato a decine di matrimoni, ma… non è la stessa cosa, perché non eri tu l’attore principale quei giorni.

Sei già stressato di tuo, perché è da un anno che prepari questo matrimonio, magari qualcosa all’ultimo non è nemmeno andato per il verso giusto, non vedi l’ora di arrivare al ristorante per mangiare e riposarti… e adesso vuoi che nessuno ti dica niente.

BENE!


Però, adesso, perché ci chiedi: “Cosa devo fare? Come mi devo mettere? Io non lo so, aiutatemi voi…”


E, porca paletta, ma questo, ALLORA, è un servizio fotografico DI POSA, mascherato da REPORTAGE!!!

Che poi, rimanga tra noi, nessuno ha mai spiegato al mondo perché UN FOTOGRAFO dovrebbe avere tutto questo piacere di mettere in posa decine di persone per dodici ore (almeno) quel giorno. E' anche stancante, lo sapete? Dover dire a persone adulte, maggiorenni e vaccinate, come devono mettere il braccio o da che parte inclinare la testa: ok, fa parte del nostro lavoro, ma almeno le basi su come mettersi davanti a un obiettivo fotografico, OGGI, dovremmo avercele tutti, no?

 

Il “reportage”, parola di cui tanti si riempiono la bocca, esiste solo in scatti ad hoc messi su instagram o facebook, scatti a cui tu non hai assistito, perché non eri presente. Esistono scatti rubati, e sono bellissimi perché spontanei, ma sono quelli che puoi fare a un bambino che porta le fedi, a una damigella che si sta finendo di truccare, a un nonno che dorme sulla sedia in chiesa.

Non saranno mai quelle fatte agli sposi, perché – quel giorno – ci saranno sempre dalle due alle cinque persone addosso alla coppia: come puoi essere “spontaneo” in quella circostanza? Può avere intimità, una coppia, con una macchina fotografica e una telecamera a un metro e mezzo dal suo naso? NO.


E allora? Che si fa?


Si fa quel che si fa da decenni: si cerca di instaurare (e in fretta) un rapporto, una bella empatia, tra il team fotografico e gli sposi, in modo che, da quasi “sconosciuti”, si riesca a diventare almeno “buoni conoscenti” e si crei quell’alchimia che permetta a tutti di muoversi davanti agli obiettivi fotografici con una certa nonchalance, senza nessuna rigidità, e allora sì, che i risultati, ANCHE IN POSA, arriveranno.


Perché “la posa” non è il male assoluto. Il fotografo/videomaker ti “suggerisce” dove posizionarti (che ci si trovi in casa per le foto prima della funzione o al mare per gli esterni), e poi TU, anzi… VOI… sarete liberissimi di improvvisare, amoreggiare, fare le capriole, come meglio vi viene.

Sennò, immaginiamo scene come questa: si va in una località di mare, dopo la cerimonia in chiesa. Non vogliamo assolutamente le foto di posa, quindi il team fotografico si mette da una parte e gli sposi dall’altra, lasciati liberi di fare quel che gli viene in testa… secondo voi, cosa ne uscirebbe fuori?

Ve lo dico io: persone che cercano di arrabattarsi (noi), nella speranza di trovare una inquadratura che, 9 volte su 10, non ci sarà. Sposi che, inizialmente, sembreranno sciolti e autonomi, ma che dopo una corsetta e un bacio, ti cercheranno con lo sguardo per dire: “Abbiamo dato il massimo, ma ora?”

Col risultato che poi, qualche mese dopo le nozze, quando ci sarà da scegliere le foto da inserire nel book che andrà stampato, LE FOTO DA POTER UTILIZZARE SI CONTERANNO SULLE DITA DI UNA MANO.


E, a quel punto? Hai speso dei soldi per qualcosa che, ADESSO, nemmeno ti piace.

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